Analisi del target. Sai davvero chi è il tuo cliente?

Si dice che chiunque voglia mettere sul mercato, qualsiasi esso sia, un prodotto o un servizio si porrà prima di tutto una domanda: a chi lo voglio vendere?
Non è del tutto vero, ma in gran parte.

È una delle domande che ci si deve porre, ma ce ne sono veramente molte altre:

  • C’è veramente bisogno di questo prodotto o è solo un mio capriccio?
  • Quale necessità va a risolvere?
  • I miei concorrenti già lo realizzano?
  • Se sì, quali punti deboli hanno che io posso evitare?
  • Ho già in casa i macchinari e il personale per produrlo?
  • Quanto mi costa realizzarlo? Che marginalità voglio raggiungere?
  • Se il costo dovesse essere fuori mercato come posso esprimere il valore dell’oggetto o del servizio in maniera tale per cui i miei clienti non considerino solo il prezzo come elemento di paragone?

Vi assicuro che ci sono una marea di altre domande che l’imprenditore dovrebbe porsi (e che spesso non si pone), ma tutte queste sono legate alla prima: chi è il mio target?

 

Chi è, quindi, il cliente?

 

La domanda sembra banale, ma non lo è.
Nell’analisi delle “buyer personas” si arriva ad analizzare in maniera profonda il potenziale mercato.

“Una buyer personas è essenzialmente il rappresentante di una tipologia di clienti che voi identificate come aventi o un interesse specifico per la vostra organizzazione o per i vostri prodotti, oppure un problema di mercato che i vostri prodotti o servizi sono in grado di risolvere”, spiega David Meerman Scott, marketing and sales strategist.

La descrizione è perfetta e su questa descrizione si muovono molti (per non dire tutti) gli analisti di marketing. Difficilmente però le piccole medie imprese hanno le competenze e il distacco necessario per sviluppare da soli un’analisi di questo genere, così come manca la possibilità di investimento per appoggiarsi ad una grande agenzia.

 

Come può una PMI fare un’analisi del target

 

Piuttosto che navigare sul web cercando come fare da sé, prima di tutto considerate le domande che ho presentato all’inizio dell’articolo: sono fondamentali. Ma se volete veramente fare la differenza, c’è un altro passo che dovete assolutamente fare.

Anni fa ho avuto la fortuna di partecipare ad un meeting in cui era presente con un suo intervento Kevin Roberts, ex CEO di Saatchi & Saatchi e creatore della strategia dei Lovemarks. In quella occasione ha parlato di una esperienza avuta a Manhattan.

Un pomeriggio era in un bar e ha iniziato ad analizzare le persone che entravano nel locale. Era il periodo dei lettori MP3 e quasi tutti avevano al collo un lettore, alcuni un IPod, altri lettori di altre marche. Ha riferito che chiunque entrasse con un IPod al collo avesse molta più facilità a fare amicizia con gli altri avventori rispetto a chi entrasse con lettori di altre marche. Non era una questione legata alla tecnologia (spesso altre marche avevano lettori con caratteristiche tecniche di molto superiori ad Apple), ma al legame quasi affettivo che Apple era riuscita a creare con i propri clienti, un legame che, pur se sfilacciato, è valido ancora oggi. Un legame vivo anche tra gli utilizzatori Apple che si sentono privilegiati, far parte di una élite.

immagine surrealista di un lettore mp3

Cambiate il vostro punto di vista sui vostri clienti

 

Quando cercate il vostro target dovete riuscire a staccarvi dal vostro prodotto/servizio e a ragionare come foste il vostro cliente.

Qualche estate fa dovevo acquistare un paio di occhiali. Mi piaceva lo stile Rayban, ma non li volevo: li avevano già tutti. Così ho scelto coscientemente un occhiale che avesse quella linea, ma che fosse evidentemente diverso. Io volevo essere diverso, volevo che fosse evidente che non mi volevo uniformare alla massa.

Un ragionamento che sta alla base, ad esempio, del mercato di Harley Davidson: vende a coloro che si vogliono differenziare, persone che si riconoscono tra loro indipendentemente dalla lingua, dal modello di moto. Sono persone che hanno in comune lo stile di vita e Harley Davidson fa parte di questo.

 

Voi a chi vendete?

 

Vendete alla massa (che, attenzione, va benissimo se siete certi che questo sia il vostro target) o vendete a chi si vuole differenziare?

Nutella non vende una crema di nocciole al cioccolato e certamente non vende perché è la migliore crema sul mercato; vende perché si lega al nostro passato, vende perché smuove i nostri ricordi.

 

Fate il salto. Smettete di chiedervi come vendere i servizi o i prodotti.

 

Capire il bisogno che sta alla base di un eventuale acquisto è l’elemento più importante, solo dopo averlo compreso si possono fare i passi necessari alla presentazione del prodotto/servizio sul mercato.

Diversi anni fa, durante un incontro da un cliente (produttore di sedie per ufficio) con un responsabile marketing, si stava discutendo sugli investimenti in comunicazione che l’azienda avrebbe dovuto fare.

In particolare l’oggetto del contendere era una pianificazione pubblicitaria per riviste del settore in cui l’azienda operava. Mi chiedeva come sarebbe stato possibile presentare al meglio il progetto così che la proprietà avrebbe potuto accettarlo senza porre ostacoli, come invece si aspettava accadesse. La difficoltà maggiore che questa persona si trovava a dover affrontare con l’imprenditore erano le sue idee in merito all’inutilità degli investimenti pubblicitari: “Ho venduto da giovane semplicemente girando con una valigia con il campionario. Non capisco perché ora sia necessario spendere così tanto per fare quello che io facevo spendendo poco.”

Era normale non capisse: non aveva valutato che quando era lui a girare per vendere sedie per ufficio erano pochi gli uffici che ne avevano, erano prodotti specifici e le sue sedie avrebbero sostituito delle normali sedie a 4 gambe. Quando però discutevo con il responsabile marketing della sua azienda, in ogni ufficio c’erano sedie specifiche per quell’utilizzo e la vendita dei suoi prodotti si sarebbe dovuta basare sul creare il bisogno del cambio: trent’anni prima ti ho detto perché ti serviva una sedia da ufficio, ma ora ti devo dire perché cambiarla. Decisamente più complicato.

Ecco che quindi devono essere messi sul campo argomenti completamente diversi rispetto al passato: estetica, silenziosità, certificazioni, possibilità di personalizzazioni, “progetto ufficio”.

Ma anche aspetti diversi dal prodotto: entrata a far parte di un gruppo selezionato di clienti, scontistiche future (per entrata alle fiere, ad esempio), possibilità di partecipazione ad eventi, e così via.

Qui sto parlando di un prodotto “freddo”, ma pensate a quanti possono essere gli argomenti quando parliamo invece di un altro prodotto, un alimentare ad esempio, o un tecnologico. Gli argomenti da mettere in campo son veramente tanti.

Capite come l’analisi del target non sia sufficiente se non ci si mette dalla parte del cliente e si cerca di capire il bisogno che può spingerlo all’azione.

Quindi come avete intenzione di muovervi? Cosa sapete fare per creare un bisogno?