La comunicazione e la politica

Come in ogni settore della vita, anche nella politica è fondamentale utilizzare una giusta comunicazione per parlare al popolo. E’ necessario far comprendere con esattezza quali sono le attività che il governo realizza, le proposte dell’opposizione, le attività dei diversi enti pubblici. Sarebbe encomiabile se si parlasse anche delle cose che non vanno, su cui si cerca di lavorare, su cui si ricerca la collaborazione dei cittadini. Sarebbe bello, vero?

Quando, però, si utilizza la comunicazione per trasmettere informazioni parziali (nel migliore dei casi) oppure false per sminuire parti politiche avverse alla propria, così da aumentare la propria visibilità e raggiungere una percentuale di elettori sempre maggiore parlando alla loro pancia e non alla loro testa, allora qualche cosa non va.

Nell’antica Roma la politica era intesa come la gestione della cosa pubblica (Res Publica), oggi è diventata una cosa totalmente diversa e la comunicazione ha la sua responsabilità. Purtroppo la comunicazione non ha una propria intelligenza, una propria personalità, non ci si può discutere, viene semplicemente utilizzata, Noi abbiamo una fortissima responsabilità per come utilizziamo o subiamo la comunicazione in tutti gli aspetti della nostra vita. Nanni Moretti, in un suo film famoso, faceva urlare ad un suo personaggio: “Ma come parli, le parole sono importati.”. Oggi siamo circondati da ignoranti felici di esserlo, persone convinte che solo per la loro posizione a loro sia concesso tutto. L’ignoranza travalica le posizioni sociali, professionali, colpisce tutti in qualsiasi momento. Ignoranza è in chi parla e in chi ascolta. Una delle regole della comunicazione è di non dire bugie, falsità: al di là degli aspetti deontologici e morali, nel tempo ti dimentichi delle bugie dette e ti tradisci. Non notate che i nostri politici questa regola non la seguono? Secondo voi perché? Semplicemente perché seguiamo la persona che parla e non ciò che dice (decisamente più importante) per cui in un tempo molto breve ciò che dice viene sostituito da una nuova affermazione. Seguiamo un nome, non un’idea, per giusta o sbagliata che possa essere. Confrontate la situazione attuale con quella degli anni 70 o 80, un periodo durante il quale esisteva una vera destra e una vera sinistra, confronti (a volte purtroppo sanguinosi) che davano il polso di come il Paese fosse politicamente vivo. E oggi? Lascio a voi la risposta, io la mia la ho trovata ed è sintetizzata in una battuta di, ancora, un film. In Bentornato Presidente, l’attore che rappresenta il Presidente della Repubblica dice ad uno spaesato Claudio Bisio, Presidente del Consiglio. “Bisognerebbe lavorare per non essere rieletti.” Noi italiani, però, non siamo pronti.

Una cosa però la possiamo fare. Cominciamo ad utilizzare la comunicazione non solo per urlare, facciamo sì che il confronto leale e serio su qualsiasi argomento sia alla base del nostro comportamento, ascoltiamo quelli che hanno un’idea seria diversa: è dal confronto che si cresce. Diamo ragione a chi la ha, non a chi la pensa come noi. Per quanto lungo sia un viaggio, si parte sempre con un passo. I cambiamenti non avvengono in breve tempo, ma da qualche parte bisogna iniziare. Solo in questo modo la comunicazione può avere un’utilità.

 

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