A chi affidare la gestione dei Social aziendali?

Mi occupo di strategie di comunicazione, per cui non sono un operativo. 

Sito e marchio che mi rappresentano sono farina del mio sacco, ma non mi sognerei mai di propormi come grafico o programmatore ai miei clienti. Quel che propongo ai miei clienti sono servizi di comunicazione legati al concetto della strategia. Perché questa premessa?

Perché è importante affidare la gestione social a un professionista

Dicevo, non sono un operativo e ho coltivato un’ampia rete di professionisti operativi. Per gestire la mia comunicazione anch’io, dove serve, mi affido a loro. Come per i miei social.

Conosco le dinamiche che portano a utilizzare i canali social e riconosco quando è un servizio che può essere utile per un mio cliente, per questo il mio compito è individuare il giusto professionista che espleta questo tipo di servizio.

Il dubbio che mi assale è per quale motivo un’azienda che produce valvole (faccio un esempio a caso, ma potete pensare a qualsiasi prodotto) può pensare di poter far gestire questo mezzo di comunicazione a figure assunte per tutt’altro, solo perché nel loro privato utilizzano i social.

Serve una professionalità che conosca molti aspetti sia tecnici che comunicativi per far sì che il mezzo utilizzato non sia solo un giochino per dire che “si è sui social”.

Che competenze servono per la gestione dei profili social aziendali?

Queste professionalità sono presenti in azienda e rispondono ai quesiti qui sotto?

Provate a leggere per darvi una risposta.

Intanto, c’è la cognizione di quale Social scegliere?

Usare Facebook come usiamo LinkedIn è sbagliato. Spesso è ancor più sbagliato quando usiamo LinkedIn come fosse Facebook. E Instagram? Cosa ne facciamo di questo Instagram? Capire poi come usare YouTube che è un ibrido su molti livelli. Perché non riprendere in mano anche Pinterest. “Ho visto Salvini (o Di Maio, o metteteci qui il politico a vostra scelta) che ha aperto un suo canale TikTok, dai che lo apro anch’io”. Ma c’è anche Twich e continua ad essere tra noi Twitter (anche se ora sull’uccellino c’hanno messo una X). 

Nella varietà dell’offerta, scegliamo di essere ovunque e comunque. Ignorando che ogni canale ha una sua metodologia di utilizzo. 

 

immagine dell'icona fb su una superficie di pannelli fotovoltaici. Immagine AI
Immagine creata con AI

Seguite un piano editoriale per i vostri canali?

Anni fa vado in visita da un’azienda di pannelli fotovoltaici e parlando della loro comunicazione mi fanno vedere la pagina Facebook che avevano (allora era praticamente una soluzione obbligata). Pagina ben curata, con tutte le informazioni, i dati, insomma sembrava una pagina a posto. I contenuti però erano di una pesantezza inimmaginabile. Solo comunicazioni che parlavano di installazione di pannelli, contratti chiusi, nuovi area manager per il Sud America e così via. 

Una pagina autoreferenziale che di più non sarebbe possibile, senza alcun piano editoriale.

Una pagina Facebook allora aveva bisogno anche di altre informazioni. Quando viene letto Facebook? Quando non abbiamo niente da fare, davanti alla TV, in pausa pranzo oppure in luoghi che possiamo evitare di nominare. 

Quanto pensate che questi argomenti potessero essere ritenuti interessanti dai lettori in quei momenti? Ve lo dico io: zero. 

A meno che non ci sia un interesse specifico nell’acquisto del prodotto di cui si parla, notizie di questo genere non hanno lettori. Un’azienda di questo tenore avrebbe dovuto prima di tutto crearsi autorevolezza. Almeno metà dei post avrebbero dovuto parlare del mondo attorno al concetto del rispetto ambientale: deforestazione in Amazzonia, la produzione di ossigeno delle alghe del Mar del Sargassi, il buco dell’ozono, quanto si riducono le riserve di petrolio e quanto sia necessario trovare alternative. Riservare uno spazio più piccolo per le notizie aziendali e creare le condizioni per cui si leggesse con interesse, curiosità i post. Stimolare il ricordo nella mente delle persone anche al momento della decisione su quali pannelli fotovoltaici acquistare.

Tutti son bravi a scrivere e a mettere foto e grafiche sui social…o forse no 

Sapete come le persone leggono un post? No, non è una banalità. È competenza. 

Come saper scrivere, capire cosa dire e come dirlo, gestire gli hashtag, capire quando vale la pena promozionare il post. La creazione del solo post mette in campo molte competenze. 

Seguire l’aspetto ballerino dei Social Network è l’altra importante e difficile parte del lavoro: il continuo cambiamento degli algoritmi, le innovazioni che vengono introdotte ogni settimana e come ciò si incastra  con le policy aziendali.

Chi gestisce tutto ciò ha un nome, un titolo dato in inglese: “social media manager”. Ma sotto questa etichetta ci finisce un po’ di tutto, ecco perché secondo me ogni azienda ha bisogno di una persona che sappia interpretare gli obiettivi di comunicazione e li raggiunga sui social. È importante appurare questo, prima di soffermarsi alla denominazione. 

Davvero pensate che una figura interna all’azienda che riveste altri incarichi possa fare questo lavoro?
Quale valore pensate possa portare alla vostra azienda?