Perché ogni attività ha bisogno di una strategia di comunicazione

La vita di qualsiasi azienda dipende dalla sua capacità di vendere. Saper vendere è in realtà saper intessere un rapporto con il cliente. Questo, il primo obiettivo per la sopravvivenza. Ogni azienda investe energie e risorse economiche per trovare e agganciare il cliente. Lo rincorre, lo adula, a volte lo circuisce. Basta che vi scelga.

Quindi per voi i clienti sono prede da cacciare? Non preferireste fare come nella pallacanestro, dove il giocatore non insegue la palla, ma fa in modo che arrivi a lui?

La chiave nel business è la medesima: il cliente arriva a voi perché si fida e perché voi fate vedere come siete. Diversi dai vostri concorrenti, unici.

Qui entra in gioco il consulente di comunicazione

Piacere, Carlo Visenti.

Creo piani strategici di comunicazione per aziende e professionisti. Come faccio sì che le persone entrino in connessione e rinnovino la fiducia nel mio cliente? Secondo me, la vera differenza tra un’azienda e un’altra è nelle persone che le guidano: noi vogliamo stringere la mano a persone, non di sicuro ad un marchio.

Con la strategia di comunicazione, adottando una nuova prospettiva, porto la personalità dell’imprenditore nella comunicazione della sua azienda.

Ma come guardare la propria azienda da un punto di vista diverso?

Non esiste "la" strategia di comunicazione

Casi studio

Esistono strategie di comunicazione uniche, quanto è unica la vostra realtà imprenditoriale. Questa diversità va valorizzata. Ogni caso studio che vedete qui ha richiesto un punto di vista diverso, l’elaborazione personalizzata di una strategia di marketing laterale. Potete trovare aziende e professionisti del vostro mercato: chiedetemi una strategia e vedrete che non sarà mai la stessa.

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Cluetrain Manifesto

Da anni affermo che la comunicazione di un’azienda non può prescindere dalle persone che ci lavorano, dal loro carattere e dalla loro personalità. Nella mia visione le persone sono molto più importanti del prodotto venduto e del prezzo proposto; non perché prodotto e prezzo non abbiano un loro ruolo all’interno della scelta del cliente, ma perché è più importante per un cliente capire il motivo che lo porta verso un’azienda rispetto ad un concorrente. Questo gli consentirà di fare scelte “pensate”, non sull’onda del prezzo del momento o della figura commerciale di turno.

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Il paradosso della scelta

Sarà capitato a tutti di trovarsi in difficoltà al momento di scegliere l’acquisto di un nuovo smartphone, di scegliere una ricetta su un sito di cucina, di scegliere in un ipermercato la coda alla cassa. Credo che però nessuno si sia mai chiesto perché, quando le variabili della scelta sono ridotte, la scelta sia così facile. Si tratta del Paradosso della Scelta, il risultato di un’analisi maccanismi decisionali che influenzano le scelte di acquisto in noi consumatori.

In realtà dovrebbe essere uno studio interessante da analizzare anche per chi propone percorsi di vendita di un prodotto, ne uscirebbero notevoli sorprese.

La domanda è semplice: preferite avere poca o tanta scelta al momento dell’acquisto? Sono abbastanza certo che la maggior parte di voi risponderà: “Tanta”. E’ normale che sia così; “tanta scelta” è un concetto facilmente legato alla libertà personale (“Posso scegliere tutto quello che voglio”), a differenza di “poca scelta” per cui mi sento psicologicamente legato al fatto che ci siano stati altri che abbiamo scelto prima cosa propormi, imponendomi quindi la decisione finale. La realtà, però, è diversa da quello che pensiamo e ci aspettiamo.

Nel 2000 due docenti universitari statunitensi fecero un test in un centro commerciale. Si misero a vendere marmellate in due banchetti diversi; uno di loro proponeva 24 tipi diversi di marmellate, l’altro solo 6. I clienti si fermavano in percentuale maggiore davanti al banchetto con le 24 marmellate invece che davanti a quello con 6: fino a qui, tutto normale. Adesso arriva la particolarità. In entrambi i casi ciascuna delle persone che si era fermata ha assaggiato un paio di marmellate (ops), e adesso arriva lo strano: nel caso del banchetto con 24 gusti solo il 3% ha effettuato l’acquisto, nel caso del banchetto con 6 gusti ben il 30% ha acquistato. PANICO.

In uno studio più approfondito è stato calcolato che quando vengono presentati più prodotti, la conversione scende del 27%. C’è un limite di scelta possibile che il nostro cervello può elaborare (lo studio dice 7 possibilità, ma non siamo troppo fiscali), oltre a questo c’è un sovraccarico informativo a causa del quale il nostro cervello va in difesa, incutendo al nostro utente l’idea di non fare la scelta giusta. Il risultato di questa “crisi” è che generalmente si tende a fare la scelta più facile, scontata ed economicamente meno impegnativa.

A voi non capita, dite? Che cosa accade quando entrate in una pizzeria e vi trovate di fronte a pagine e pagine di scelte possibili, con il cameriere che attende la vostra richiesta? “Per me una Margherita, grazie.” Se non sarà questa la scelta non ci andate tanto distante.

Perché accade ciò? Anche in questo caso la nostra mente fa tutto il lavoro. Con una proposta che prevede poche opzioni, se fate una scelta sbagliata incoscientemente darete la colpa “agli altri”, a chi non vi ha dato la possibilità di scegliere in maniera corretta. Invece, con una proposta che prevede tante opzioni, se fate una scelta sbagliata automaticamente vi darete la colpa perché non siete stati in grado di scegliere bene.

Come utilizzare queste informazioni dal punto di vista aziendale? Semplice. Le informazioni devono essere date con molta attenzione; poche informazioni generali con eventuali approfondimenti che solo il cliente deciderà se leggere. Gamma ridotta o organizzata per far passare l’idea che ci siano più gruppi tra i quali scegliere, ma sempre con pochi prodotti in ciascun gruppo. Io sono un usufruitore di smatphone Android, ma non posso non vedere la semplicità della proposta degli smatphone Apple rispetto alla scelta dei brand Android; da Samsung a Xiaomi fino a Huawei sembra che facciano a gara a chi crea più confusione nel consumatore. Se devo acquistare uno smartphone e sono un consumatore Apple la decisione mi prenderà non più di 10 minuti: colore (due o tre possibilità) e memoria. Se invece sono un consumatore Android, per scegliere lo smartphone “giusto” posso perdere giorni interi. Come ulteriore aspetto negativo di questa scelta, ci rimarrà sempre l’idea di non aver fatto l’acquisto giusto, perché in un paio di mesi uscirà un nuovo modello di una delle marche sopra elencate (o anche di altre) che avrà delle particolarità che percepiremo come decisamente migliori rispetto al nostro nuovo smartphone. Per un cliente Apple l’acquisto sarà sempre giusto, fino all’uscita del modello successivo dopo un paio di anni. Per un cliente Android l’acquisto sarà quasi sempre percepito come “non del tutto giusto” o addirittura “sbagliato” in pochissimo tempo.

Smettetela di presentare prodotti su prodotti, finitela di dare scelte su scelte al consumatore, gestite la proposta tenendo presente se il vostro cliente si sente capito, non se ha capito.

Cominciate a pensare meno ai vostri prodotti e più, molto di più, al vostro cliente.

 

Bene o male l’importante è che se ne parli?

Diversi anni fa le campagne pubblicitarie di Benetton, curate dal fotografo Oliviero Toscani, hanno fatto parlare tutta l’Italia per le immagini particolari, “no politically correct” (come direbbero gli Statunitensi), a volte scioccanti. Utilizzare un bacio tra una suora e un sacerdote (ricordate?) per pubblicizzare un maglioncino, sembrava ai più, adulti, un’eresia, mentre veniva vista con curiosità dai più giovani (target dell’azienda) che Continua a leggere