Come si è passati dagli spot di carosello anni ’70, vere opere d’arte agli spot usa e getta di oggi?
Lavazza, Pasta Agnesi, Indesit, Amarena Fabbri, Cynar; sono solo alcuni nomi di grandi marchi del passato, tra gli anni settanta e ottanta, che hanno fatto realizzare delle vere e proprie opere d’arte, dei cortometraggi di grande creatività, per la iconica trasmissione Carosello, punto di riferimento per i ragazzini di quegli anni che sentivano dai genitori il mantra “a letto dopo Carosello”.
A volte 10 minuti di cinema che per noi piccoli nulla avevano a che fare con la pubblicità (erano prodotti per il cui acquisto non venivamo minimamente coinvolti), ma creavano storie divertenti, fantascientifiche, horror (non ricordo il motivo, ma ricordo lo spavento che provavo per lo spot della Pasta Agnesi), cartoni animati o sceneggiati (ricordate il tenente Sheridan?). Era divertimento puro.
Dopo diversi anni, in un momento in cui i tempi degli spot si sono ridotti da 10 minuti a 30”, la creatività è stata messa ancora più alla prova e sono usciti alcuni spot veramente degni di essere ricordati. Beppe Grillo per Yomo, una sola frase dopo un silenzio assordante, o Sophia Loren per Parmacotto, unica occasione in cui per contratto del testimonial non è stato detto il nome del prodotto. Alcuni ancora oggi sono decisamente interessanti dal punto di vista creativo, ma è molto più facile trovare spot che nel giro di qualche settimana non si ricorderanno più: fatti male, con costi bassi, senza alcuna sceneggiatura.
Faccio solo un esempio. Ultimamente viene trasmesso uno spot di un’azienda per le consegne a domicilio che definirei squallido. Una signora arriva a casa e sulla porta ricorda di aver dimenticato di acquistare il latte. Si gira per tornare a comprarlo e vede che inizia a piovere. Allora cosa fa?
Chiama questa società che le manda a casa con il suo litro di latte un ragazzo con chiari lineamenti indiani. Certo, non faccio la fatica di andare a prendere un litro di latte con la mia auto, non decido che se per un giorno non bevo latte non cambia nulla, no, meglio chiamare un ragazzo che in bici sotto la pioggia viene a casa mia con il mio alimento salva vita.
Se potete scusate la mia cattiveria, ma non ne posso più di questa banalizzazione della società certificata dalla pubblicità, c’è una mancanza di rispetto dell’essere umano (vedi anche gli spot di profumi) che non può essere accettato pedissequamente. E per chi lavora in un campo in cui l’estetica ha un peso, ma ancora di più il messaggio che viene trasmesso. Vedere aziende che spendono semplicemente soldi per non si sa quale motivo, mi lascia sempre con l’amaro in bocca, soprattutto quando mi trovo a lavorare con aziende moooooolto più piccole che hanno molto da dire, ma non questi investimenti da mettere in campo.